Piove anche alle Canarie

Mi ero guardata allo specchio rientrando a casa. Sembravo il capo di una baby gang sudamericana. Mi guardai meglio. Avevo il look del capo di una baby gang sudamericana ma non avevo l’età. Ma poi, cosa ne sapevo io delle baby gang sudamericane?

Oddio, per portare fuori il cane non era richiesta una particolare eleganza.

Il cane.

Già.

Detto “il grinta”. Un’esplosione di voglia di vivere abbinata a tanta energia e ad un cervello pronto.

Qualcuno ogni tanto mi consolava, quando mi lamentavo del mio esilio a Sant’Elena – così l’aveva definito mio padre- e mi diceva: fortunata tu, che hai il cane che ti fa compagnia.

Ora, io non so che idea abbiate voi della compagnia ma un essere vivente che dorme 23 ore al giorno russando come un trattore e nei minuti rimanenti si fa trascinare di malavoglia in giro oppure mangia… non è il mio ideale di compagnia. Mentre ambivo al Commissario Rex, il mio cane non aveva capito neppure la differenza tra “seduto”, “resta”, “guarda”, “andiamo”. A qualsiasi ordine, pur di avere una crocchetta, si sedeva e mi guardava infastidita tipo “Dammi la crocchetta e levati di torno con i tuoi stupidi ordini”.

In più alle Canarie aveva iniziato a piovere. Più o meno da due settimane. Continuativamente. E il cane, non canario, non faceva che lamentarsi e mostrare il suo disappunto per questo tempo da lupi. Come non capirla, in effetti.

Alla tv c’era l’ennesima incapace dall’accento non riproducibile che cucinava pasticci indigeribili. Avevo aperto il frigo, valutando per qualche istante l’idea di diventare un grande scrittore alcolizzato. Avevo presto abbandonato l’idea. Con il liquore alla camomilla canario a gradazione birra, alcolizzarsi non sarebbe stato facile. In più né Hemingway né Kerouac avevano costruito una carriera sul liquore alla camomilla. Ok, vada per la camomilla SENZA liquore.

Le mie dita battevano pigramente sulla tastiera. Come Carry Bradshaw nel film Sex and the City, nel momento peggiore dal punto di vista lavorativo, avevo trovato la mia “Louise di Saint Louis” per tirarmi fuori dalle sabbie mobili in cui mi ero infilata.

Cosa potrebbe tirarti via dalla situazione in cui sei? Julia Child si salvò con la cucina… è questo che vuoi anche tu?

Ripensai alla mia pessima nomea di scongelatrice. Ripensai alle pizze pronte, ai tortellini secchi in brodo di dado. Non mi sarei salvata con la cucina. Guardai il cane che russava. Non saremmo mai andate insieme a fare agility o dog dance. Con il découpage ero pessima. Ok, facciamo prima, escludiamo qualsiasi attività manuale.

Mi ero messa un pigiama che mi faceva sembrare un narcotrafficante sudamericano. Ma poi, cosa ne sapevo dell’identikit notturno di un narcotrafficante sudamericano? Il cane sbuffò nel sonno, infastidito dal ticchettio dei tasti.

Sapevo fare un’unica cosa. Sapevo ridere di quello che mi succedeva.

Forse avrei iniziato da quello.

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Scritto per : Viviana

Viviana Capurso (Udine, 1981). Laureata in Relazioni Pubbliche, un Dottorato in Neuroscienze Cognitive, ha fatto della creatività il filo conduttore della sua vita. Attualmente insegna all’Universidad Europea in Spagna, lavora come consulente di comunicazione per imprese e agenzie, tiene corsi di mindfulness per aziende e privati e soprattutto scrive. Per lavoro scrive, nel tempo libro invece scrive. Nel 2020 ha pubblicato il libro “Mindfulness per donne. Se fosse facile lo farebbero anche gli uomini”. Qualsiasi sia l’argomento dei suoi corsi o dei suoi scritti, ci saranno dentro viaggi, cibo, libri e film. Soprattutto nominerà i suoi idoli, il regista Woody Allen e la scrittrice Erma Bombeck. Come quest’ultima ritiene che, per godersi la vita, si possa mangiare meno formaggio magro e più gelato.

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